Roma, 18 settembre 2019. Durante l’estate molte cose sono cambiate. Due quelle che ci riguardano più da vicino. A fine giugno esplode la vicenda Bibbiano che mette indiscriminatamente sotto accusa l’intera nostra professione, in agosto viene stracciato il “contratto” di governo con il cambio dell’Esecutivo che da giallo verde diventa giallo rosso.
Le due vicende – diverse e ovviamente scollegate – lette in una medesima prospettiva ci richiamano alla necessità, per la nostra professione, di ottenere dalla nuova stagione politica gli strumenti per evitare il ripetersi delle (s)torture emerse da Bibbiano.
Su Bibbiano non vanno negate le responsabilità nè minimizzata la gravità dei fatti denunciati. Non ha sbagliato la professione, hanno sbagliato le singole persone che, alla fine delle indagini, ne risponderanno in sede penale, civile e ordinistica. Una professione forte e autorevole come la nostra non può, comunque, non interrogarsi a fondo su quanto accaduto. Iniziando a ricondurre la vicenda nei giusti contesti, respingendo fermamente tentativi di processi sommari sui media e sui social, derive giustizialiste e forcaiole, travisamenti della realtà, condizionamenti dell’opinione pubblica, schieramenti di tifoserie partigiane.
Siamo tutti consapevoli che Bibbiano è – e lo sarà ancora di più in futuro – drammaticamente devastante perché ha innescato sfiducia nei servizi sociali e negli operatori dell’aiuto in particolare nelle fasce di cittadini più fragili e deboli.
Per questi cittadini – ma anche per l’opinione pubblica e per le stesse istituzioni – il caso Bibbiano proverebbe la fondatezza della sfiducia e della diffidenza verso gli assistenti sociali visti come strumenti valutativi e di controllo, operatori manipolativi che ingannano, limitano le libertà personali, interferiscono nelle relazioni familiari, sanzionano e puniscono.
Da Bibbiano, però, la professione può – deve – ripartire con energie nuove e una consapevolezza più matura; può – deve – rappresentare l’occasione per rivedere strumenti, procedure, organizzazioni, politiche ordinistiche; può – deve – essere occasione per riconsiderare il proprio agire professionale all’interno del sistema dei servizi.
Ma Bibbiano può – deve – anche essere occasione per spingere Governo, Parlamento e Regioni, in una nuova comune prospettiva volta a trarre insegnamento da questa vicenda e superarne le distorsioni, a dotare la professione di una cornice normativa nuova, più aderente alle esigenze del tempo attuale, per armonizzare sia i percorsi di formazione universitaria che delineare in modo nuovo lo stesso perimetro delle attività, responsabilità, ruolo e funzione degli assistenti sociali, ma anche ad investire in politiche sociali adeguate. Auspicando che Bibbiano cessi di essere – nell’alveo del nuovo lessico politico più educato e rispettoso – sinonimo di male assoluto.
Tutto ciò non sarà né semplice né facile. Dovremo ritrovare credibilità e autorevolezza evitando il fuoco amico rappresentato da sterili polemiche intraprofessionali che restituiscono ai cittadini una immagine di scarso decoro, coesione, serietà. Dovremo, al contrario, mostrare che non ci arrendiamo al vento della calunnia, delle offese, della denigrazione e della delegittimazione, mantenendo la razionale pacatezza che si nutre di esperienza, competenza e passione professionale.
E’ in noi stessi, dunque, che dovremo trovare la forza per andare avanti. Dovremo serrare le fila, sentirci tutti più partecipi alla vita ordinistica, mostrare più appartenenza.
Il Consiglio dell’Ordine del Lazio sta studiando e mettendo a punto alcune specifiche iniziative, prime tra tutte un rafforzamento delle offerte di formazione e di supervisione con più occasioni di incontro, di dibattiti, di approfondimenti.
Il Consiglio dell’Ordine, inoltre, non farà mancare al Consiglio nazionale proposte, stimoli e suggerimenti affinchè si concretizzino tutti i necessari interventi a livello centrale delineati sopra nella loro cornice complessiva.
Sappiamo anche che nel dopo Bibbiano, la professione dovrà affrontare, tra le altre, tre principali criticità: una marcata e crescente sfiducia verso l’attività quotidiana svolta da chi esercita questa professione; un’ondata rivendicativa – supportata da interventi mediatici – su passati casi di allontanamenti con richieste di revisioni di atti e di decisioni adottate; la possibilità di interventi normativi restrittivi sulla professione anche conseguenti alle conclusioni delle diverse e annunciate – nazionali e regionali – Commissioni di inchiesta.
Su queste tre criticità vogliamo che, con il contributo di tutti i colleghi, si apra un approfondito dibattito, una campagna collettiva di riflessione in grado di individuare errori strutturali – quindi non imputabili a comportamenti individuali – e soluzioni possibili.
Una campagna di riflessione che sia anche in grado di individuare, nella comunicazione della professione, declinazioni nuove e messaggi più aderenti.
E’ da qui che dobbiamo ripartire. E dobbiamo farlo tutti assieme.
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Ultima modifica il 19 Aprile 2021