Nel Giorno della Memoria dobbiamo denunciare – in modo forte e inequivocabile – i negazionisti della Shoah. Tornati all’attacco -autoassegnandosi il titolo di storici revisionisti – si propongono di liberare la storia “dalla menzogna di Auschwitz”.

L’Olocausto viene così definito “un mito”, una deliberata mistificazione della realtà a beneficio di una vera e propria internazionale sionista che manipolerebbe la memoria del passato per garantirsi un potere egemonico sul mondo intero.

Sono farneticazioni che oggi come, mai prima, trovano ascolto anche in ambienti giovanili sedotti da una propaganda certamente eversiva.

Oggi va gridato che la persecuzione e lo sterminio di oltre sei milioni di ebrei, zingari, omosessuali, oppositori politici, sono stati accertati attraverso la valutazione scientifica di prove inconfutabili di fatti realmente accaduti.

Scriveva Primo Levi: “non si può comprendere e non si deve comprendere, perché comprendere è quasi giustificare”.

Il Giorno della Memoria è fondamentale per allertare l’opinione pubblica su questa fabbrica di menzogne diffuse soprattutto dai social.

La verità dei fatti è il presupposto della giustizia, denunciare ogni sua deformazione significa difendere i principi dello stato di diritto.

Qualche numero può aiutare a capire e ad indirizzare al meglio i nostri pensieri.

Un recente studio (fonte Eurispes) mostra la pericolosa vocazione del nostro Paese a disconoscere l’Olocausto. Più di un italiano su sei è convinto che la Shoah sia propaganda, un dato – questo – cresciuto di sette volte in 15 anni. Un italiano su cinque pensa che gli ebrei controllino i mezzi di informazione. Un italiano su tre derubrica a bravate fatte per provocazione o per scherzo gli episodi di antisemitismo come le scritte sulle porte delle case. Sei italiani su dieci parlano di casi isolati conseguenza di un linguaggio avvelenato da

odio e razzismo. Di contro, metà degli italiani teme che negazionismo e antisemitismo siano fenomeni destinati a crescere e suggerisce di affrontare, finalmente seriamente, questo fenomeno.

L’antisemitismo e la minimizzazione dell’Olocausto vanno di pari passo con l’odiosa crescita dell’indifferenza sociale del Paese, quella zona grigia in cui domina la proiezione dei propri problemi e la paura attanaglia l’anima.

Il nostro è, oggi, un Paese smarrito, ferito dalla pandemia, costretto a fare i conti con l’aumento della povertà, delle diseguaglianze, dell’emarginazione. Per superare tutto ciò dobbiamo ripartire dal significato profondo della fratellanza, vivere le differenze come una ricchezza, lavorare per il bene comune. Chi meglio di noi è in grado di farlo? Chi meglio di noi sa comprendere le ansie, le paure, le sofferenze dei cittadini? Chi meglio di noi è in grado di prendere tra le sue mani i bisogni e le speranze delle persone?

Soprattutto, chi meglio di noi è capace di comprendere che proprio in occasione di questa giornata serve guardare lontano – anche molto lontano – verso quei luoghi del Mondo dove si consumano ingiustizie, violenze, persecuzioni; dove fame, guerre, povertà annullano la dignità di ogni uomo e di ogni donna spingendoli a mettersi in cammino alla ricerca di una nuova vita? Ed è a quel mettersi in cammino che dobbiamo guardare gridando “mai più filo spinato, mai più muri”.

E intanto, per guardare all’oggi, dello Ius soli nemmeno si discute più.

27 gennaio 2022

Ultima modifica il 29 Gennaio 2022